Africae Tabula Nova - intera
-Anvers, à cette époque, meritait sans aucun doute d’ ètre considérée comme notre principale cité sous le rapport intellectuel. – Afferma l’astronomo belga Quetelet nella sua Histoire des sciences mathematiques et phisiques chez les Belges del 1864. Ed in effetti in quel periodo, e cioè intorno alla metà del XVI secolo, la città di Anversa si trovava all’apice della sua fortuna commerciale, finanziaria ed artistica. La città fiamminga si era andata sviluppando così rapidamente che nel volgere di pochi decenni era divenuta la più vivace e fiorente d’Europa; qui aveva luogo la rifinitura dei panni inglesi, qui veniva lavorato il vetro, il sapone, la carta, qui, infine, convergevano, per essere poi reimbarcate verso altri porti dei quattro continenti, i cereali del Baltico, lo zucchero delle Canarie, la seta e l’allume italiani, i vini francesi, il pesce della Zelanda, ed attorno ad essa gravitavano le manifatture tessili (lino, pizzo, arazzi) delle Fiandre e del Brabante. Ma Anversa era anche e soprattutto il crocevia del commercio dei prodotti coloniali su vasta scala, in primis delle spezie, e si trovava al centro di grandi operazioni commerciali e finanziarie favorite dalla piena libertà consentita dalla politica governativa di allora: per la prima volta nella storia esisteva un mercato non solo europeo ma mondiale, basato su rapporti di interdipendenza tra le varie regioni europee legate economicamente tra loro e con il resto del mondo. Al felice momento economico di questa città si accompagna anche un’ intensa vitalità delle espressioni artistiche; il centro commerciale della città divenne il luogo d’incontro per i maggiori artisti ed intellettuali del periodo, mentre nascono importanti officine tipografiche ed aumenta in modo esponenziale la diffusione di trattati filosofici, teologici e di atlanti geografici. L’intraprendenza degli esploratori e dei mercanti europei trova riscontro in un’intensa fioritura di raccolte cartografiche, diffuse a centinaia di copie grazie all’incisione su rame. In tale clima di vivido interesse, finalizzato alla conoscenza esatta dei confini del mondo, si colloca l’attività di Abramo Ortelio (Anversa 1527 – 1598). Tipico intellettuale cinquecentesco, l’Ortelio è anche un viaggiatore curioso, un appassionato di antichità; in occasione della Fiera Internazionale di Francoforte sul Meno, nel 1554, acquista le sue prime carte geografiche, che applica poi su tela. E sempre in quella occasione fa la conoscenza di Gerardo Mercatore, più anziano di lui di 15 anni, già celebre per i suoi globi e le sue carte. Ed ecco che l’antiquario comincia a far posto al geografo: intuìto il vantaggio scientifico e commerciale legato alla elaborazione ed alla stampa di carte geografiche, pubblica nel 1564 la sua prima carta, la Typus Orbis Terrarum, incisa su rame. Successivamente realizzerà altre opere importanti, quali l’America, l’Asia (1567), e, soprattutto, l’atlante, il Theatrum Orbis Terrarum del 1570, le cui edizioni si susseguiranno durante la sua vita ed anche successivamente alla sua morte. Vista la levatura storico-cartografica di tutta la sua opera, di fatto una delle più importanti, se non la più importante, del 1500, l’Ortelio fu denominato dai suoi contemporanei “il Tolomeo del XVI secolo”. Riproponiamo questa Africa, così com’era stata concepita e realizzata originariamente, così come il suo autore l’aveva pensata e commercializzata: stampata su carta puro cotone mediante l’utilizzo di un torchio a mano e di lastre di rame finemente incise, e montata su tela. E per renderle quell’inclinazione cromatica che l’inesorabile passare dei secoli le avrebbe apportato, è stata successivamente invecchiata tramite l’uso di sostanze rigorosamente vegetali. E potrà anche, a seconda del gusto personale di tutti coloro che vorranno osservarla ed ammirarla quasi mezzo millennio dopo, essere acquerellata a mano da maestri del settore. Il risultato lo avete sotto gli occhi.