Nova totius Terrarum orbis tabula

Nova totius Terrarum orbis tabula

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Frederik De Wit (1670 circa) - Dim. 138x190 cm
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Prodotti artigianali

Opere uniche

Rappresentare graficamente la conformazione della superficie della Terra è sicuramente stata una delle prime esigenze che l'uomo ha dovuto soddisfare, anche se, inizialmente, le scarse conoscenze geografiche, i limiti imposti dalle nozioni matematiche e geometriche, l'assenza di validi strumenti di misura, la rudimentalità delle espressioni grafiche abbiano reso estremamente difficile questa operazione. I primi tentativi di costruzione di mappe, precorrendo addirittura l'uso della scrittura, altro non erano che schematiche rappresentazioni di particolari planimetrici idonei a far riconoscere e quindi ritrovare un itinerario già percorso o una rotta marittima, ma la necessità di muoversi in spazi più vasti stimolò enormemente la creazione di descrizioni sempre più espressive, obbligando l'uomo a ricorrere a mezzi di misura e rappresentazione più stabili, sicuri e precisi. Da limitate piccole superfici, è passato a considerare territori sempre più estesi, sino all'insieme di tutte le zone conosciute della Terra, indagando sulla forma e dimensione di questa e studiando le leggi dell'Universo, alle quali molti fenomeni terrestri parevano legati. In epoche sprovviste di buoni strumenti di misura era difficile stabilire distanze o fissare contorni solo con l'aiuto di itinerari terrestri di solito irregolari e tortuosi. Molto più facile era la rappresentazione di itinerari marittimi e la conseguente descrizione delle terre mediante la delimitazione dei loro contorni. Ma quando la vastità delle zone da rappresentare dimostrò l'insufficienza delle valutazioni legate a questi itinerari, l'uomo fu costretto a rivolgersi agli astri, a misurarne la posizione e a stabilire relazioni con punti sulla Terra. Un primo grande passo sulla via del progresso fu fatto quando nelle rappresentazioni cartografiche fu introdotto l'orientamento generale delle figure rispetto a due assi coordinati ortogonali. Talete di Mileto (639-548 a.C.), filosofo di origine fenicia, fu il primo ad avere idee concrete sulla sfericità della Terra e la nozione dell'asse del mondo, talché è considerato l'iniziatore della geografia astronomica e fisica mentre Anassimandro da Mileto (610-546 a.C.) delineò la prima mappa delle terre conosciute del mondo antico. L'evoluzione documentata della cartografia ha inizio con questi illustri ingegni insieme alle spedizioni di Alessandro Magno e alle scoperte di Pitea di Marsiglia (345 a.C. circa), spintosi fino in Scandinavia. Ma l'impulso più efficace fu dato dalla grande sintesi speculativa di Aristotele e dall'ingegno di Eratostene (276-196 a.C.) a cui si deve il primo tentativo di misurare le dimensioni della Terra e il disegno delle regioni abitabili della stessa su basi e procedimenti critici rigorosamente scientifici. Con Tolomeo si chiude il ciclo della speculazione cosmografica antica e le sue opere, l'Almagesto e la Geografia, codificano la scienza geografica e cartografica dell'antichità. La scienza romana, invece, non oltrepassò il limite dell'Orbis Romanus, legato esclusivamente ad interessi commerciali, politici e militari dell'impero. E' solo nei secoli che segnarono il trionfo della Rinascenza (XV-XVII sec.) che l'astronomia, la geografia e la cartografia riacquistarono quel carattere di universalità che mancò alla scienza degli antichi Romani e che era andato perduto nella decadenza medioevale. L'irrazionale e primitiva cartografia del periodo che contraddistinse il Medioevo fu definitivamente superata dalla diffusione della Geografia di Tolomeo, favorita dalla invenzione della stampa (1446). Ciò non tanto per le tavole e le descrizioni dell'opera stessa, quanto per le basi razionali che costituivano il loro fondamento. Questi secoli hanno visto la nascita di numerosi atelier cartografici, impegnati febbrilmente alla costruzione di nuove carte o all'aggiornamento di quelle vecchie, grazie alle nuove conoscenze geografiche dovute ai viaggi effettuati dai navigatori. Le imprese di Colombo, Vespucci, Caboto, Magellano furono il frutto di questa nuova maturazione scientifica Il XVII secolo si consacra per la presenza di numerosi ed illustri scienziati, nonché di studiosi geniali e illuminati. Segnò un indiscutibile progresso della geodesia con diretti riflessi sulla precisione cartografica e questo grazie anche a Snellius (Willebrod Snell, olandese, 1591-1626), il quale per primo misurò una "base" geodetica, appoggiando ad essa una "rete" di triangoli ricoprente tutto il territorio nazionale al fine di determinare le coordinate geografiche delle città olandesi e di trarre elementi utili per calcolare la dimensione della Terra. E' sempre in questo secolo che si svolgeva l'attività di un altro famoso olandese, editore di carte ed atlanti, Frederik De Wit (1616-1698). Insieme ad altre dinastie di cartografi come gli Hondius, i Blaew, i Jannson, i Ficher e giovandosi abbondantemente dell'Atlante di Giovanni Antonio Magini del 1620, contribuì in modo rilevante alla conoscenza ed al successo della cartografia olandese del periodo. Fondò la sua casa editrice ad Amsterdam nel 1648, passata poi in successione al figlio e al nipote che mantennero lo stesso nome. Dal 1670 al 1680 la Ditta pubblica una serie di atlanti, tra cui quello del Belgio. Ma il De Wit si evidenzia soprattutto per la produzione di grandi carte murali, di cui questa NOVA TOTIUS TERRARUM ORBIS TABULA del 1670 circa ne é un esempio tra i più significativi. Nel 1706 la Ditta passò a P. Mortier e più tardi a J. Covens e C. Mortier. Di dimensioni piuttosto ragguardevoli (m. 1,86 x 1,23) questo planisfero colpisce per la raffinatezza del segno grafico unita ad una armoniosa composizione dell'insieme. Realizzato con la tecnica dell'incisione su rame, è costituito da più fogli montati su "tela a stacchi", al fine di migliorarne la conservazione, agevolarne la leggibilità e facilitarne il trasporto. Nei quattro angoli della carta sono disegnati tipi di popoli situati in lontani paesi, di animali rari e di piante. Fra la Nuova Zelanda e lo stretto di Magellano è inserita una tabella delle distanze. Sotto a questa, nel lato sud, è riportata la sfera raffigurante il movimento degli Astri secondo l'Hypothesis Ptolemaica, seguita dalla carta del Polo Artico, dalla carta celeste e dalla carta del Polo Antartico; infine la Sfera con il movimento dei Pianeti secondo l'Hypothesis Tychonica. L'incisione su rame di questa pregevole opera appartiene a Carolus Scottis. Un originale di questa carta murale si trova nella ricca cartoteca dell'Istituto Geografico Militare, in Firenze. Sottoposto a restauro nel 1997, questo bellissimo planisfero è tornato al vecchio splendore grazie anche alla sapiente opera dell'esperta Nathalie RAVANEL, che ne ha curato le fasi di ripristino. Questo originale, segnato dai secoli trascorsi e dall'incuria dell'uomo, è oggi costretto ad essere relegato in un luogo non direttamente esposto alla luce e sotto vetro per arrestare o almeno rallentare l'inevitabile azione di deterioramento provocato dal tempo. Così facendo, viene però sottratta a studiosi, studenti e appassionati la possibilità d'ammirare e consultare questo planisfero, montato su tela "a stacchi". Da questo presupposto scaturisce la necessità di proporre questa grande carta murale, realizzata impiegando materiali e tecniche dell'epoca. L'intento è quello di riuscire, sia pure parzialmente, a suscitare le stesse sensazioni che si provano nell'osservare una carta antica. Sono note le difficoltà che gli incisori dei secoli passati incontravano nella preparazione delle matrici col metodo dell'incisione. I tempi d'esecuzione erano lunghissimi ed il lavoro eseguito non suscettibile di correzioni, a tal punto che non è difficile trovare nelle mappe qualche errore. Inoltre il numero di copie che era possibile realizzare era limitato, poiché le lastre di legno prima e di rame poi, sottoposte al ripetuto schiacciamento del torchio, tendevano a deteriorarsi rapidamente. Ma solo la tecnica di stampa rilievografica, la più antica espressione delle arti grafiche, permette d'avvicinarci ai risultati ottenuti dai nostri predecessori. Il metodo utilizzato nell'allestimento di questo planisfero fa uso di un vecchio torchio manuale e lastre incise con maestria e precisione. Il supporto su cui viene trasferita l'immagine è costituito da carta di puro cotone al 100% di conveniente grammatura, reperito presso un'antica cartiera, già operante quando quest'opera vedeva la luce per la prima volta. Al fine di ricreare quel fascino che le opere del passato sanno infondere, i fogli subiscono, manualmente e singolarmente un processo d'invecchiamento a base di sostanze rigorosamente vegetali. Tale operazione contribuisce a differenziare ciascuna incisione dalle altre perché la macchiatura non è e non potrà mai essere uguale ed uniforme. Segue l'operazione d'ancoraggio della carta su tela, anch'essa in puro cotone grezzo, che subisce, al pari del supporto cartaceo, una sapiente opera d'invecchiamento. Realizzato in un numero assai limitato di esemplari, uno di questi è entrato a far parte delle collezioni appartenenti alla cartoteca dello Stato italiano, presso l' I. G. M. di Firenze, che ne ha riconosciuta la validità e l’importanza.

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